Un team di ricercatori tailandesi ha posto l’attenzione sulle potenzialità di una particolare tipologia di cellule staminali nel rigenerare i danni cocleari dovuti all’usura del tempo e nel preservare la qualità del nostro udito.

Perché quando invecchiamo tendiamo ad avere un udito sempre più debole?

In realtà, le motivazioni alla base della perdita uditiva riconducibile all’età che avanza sono diverse. Tra le cause principali di questa condizione, clinicamente nota come presbiacusia, merita una particolare menzione l’usura fisiologica delle cellule ciliate collocate in prossimità della coclea.

La ricerca sta proseguendo affinché un giorno possa essere possibile prevenire il graduale calo uditivo imposto dall’orologio biologico. Si colloca in questo filone un interessante studio sul potenziale impiego delle cellule staminali per rigenerare i danni cocleari legati alla perdita di udito pubblicato sulla rivista specializzata Hearing Research.

Ma prima di approfondire gli esiti, facciamo un piccolo passo indietro per spiegare sinteticamente cosa siano le cellule ciliate e cosa sia la coclea.

Cosa sono le cellule ciliate?

Si tratta di una famiglia di cellule che svolge un ruolo determinante per consentire al sistema uditivo di catturare i suoni e di trasmetterli al cervello. Nel momento in cui queste cellule si danneggiano o, più semplicemente, il passare del tempo altera la loro capacità di rigenerarsi, inevitabilmente l’udito ne risente.

Cos’è la coclea?

È una piccola chiocciola situata all’altezza dell’orecchio interno che, attraverso l’attività delle cellule ciliate, consente al cervello di ricevere ed elaborare le informazioni sonore secondo un linguaggio (vibrazioni) che riesce a comprendere.

Cosa fare in caso di presbiacusia?

Allo stato attuale, è possibile attutire l’impatto dell’usura uditiva dovuta al tempo attraverso atteggiamenti corretti di prevenzione e, laddove necessario, l’adozione di apparecchi acustici o impianti cocleari.

Intanto, come accennato in precedenza, la scienza va avanti e tra i diversi approcci, uno dei più ricorrenti è rappresentato dal possibile utilizzo di cellule staminali.

Lo scorso anno, un team di studiosi provenienti da vari centri di ricerca tailandesi ha posto l’attenzione sulle potenzialità di una particolare tipologia di cellule staminali: le cellule staminali mesenchimali, ovvero una famiglia di cellule ricavabili da pelle, midollo osseo, placenta, cordone ombelicale e grasso in grado di produrre anche cellule del tessuto scheletrico.

Lo studio

Le cellule staminali mesenchimali possono essere in grado di riparare il danno cocleare e migliorare la perdita di udito? Questa è la domanda a cui gli autori del paper volevano trovare risposta attraverso uno studio in vivo.

Dopo aver indotto danni alla coclea ad un campione di topi attraverso la somministrazione di cisplatino, ossia un agente chemioterapico che provoca ototossicità, i ricercatori hanno osservato gli effetti derivanti dalla somministrazione cellule staminali mesenchimali.

Gli esiti

“I dati sulle risposte uditive del cervello hanno suggerito che gli SMSC (cellule staminali mesenchimali) potrebbero ridurre significativamente la soglia uditiva dei topi a cui è stato iniettato il cisplatino”, si legge tra le conclusioni dell’abstract.

Non solo. Gli esiti dei test in laboratorio hanno evidenziato un miglioramento significativo rispetto alla perdita di cellule ciliate cocleari, cellule TUNEL positive e alla scissione di cellule caspasi 3-positive.

“Inoltre, il trattamento con SMSC potrebbe sovraregolare l’espressione dei geni cocleari che influenzano le strutture assoniche e dendriti, le citochine, i fattori trofici, lo scheletro neuronale. E quelli coinvolti nel metabolismo dei carboidrati, nella segnalazione del fattore di crescita, nella mielinizzazione, nella connettività neurale, nel rilascio del trasmettitore neurale, nella risposta e nella ricaptazione del trasmettitore neurale, nella sintesi e nell’immagazzinamento del trasmettitore neurale e nel traffico di vescicole”, proseguono gli autori.

In parole più semplici, sembra che l’iniezione di cellule staminali mesenchimali abbia avuto un effetto positivo significativo su diversi marcatori di perdita uditiva.

“Questi risultati suggeriscono una potenziale applicazione clinica”, concludono gli studiosi.

Si tratta di esiti senz’altro promettenti, in attesa che arrivino ulteriori riscontri in seguito a sperimentazioni condotte su persone con perdita uditiva.

Chissà, magari un giorno davvero si arriverà ad ottenere l’elisir di lungo ascolto.